di Marcello Veneziani (Il Giornale del 24.12.2010)
Ma Babbo Natale merita davvero tutte quelle mazzate che gli ha dato Lady Gaga in mondovisione? Non so se vi è capitato di vederlo, ma in un concerto a Londra la pop star in vena di stupire ha seviziato il festoso panzone: l’ha massacrato di botte, l’ha decapitato, l’ha depilato, gli ha conficcato i tacchi a spillo nel suo trippone adiposo. L’accusa è vecchia come la barba della vittima: Babbo Natale corrompe i bambini con i suoi doni e dolciumi, ha il pancione perché è «incinto di schifezze dannose». Un corruttore di minori, secondo la pupina italo-americana, quasi un pedofilo, benché asessuato. Babbo Natale è vituperato come una specie di grasso profeta della religione dei consumi. Per la verità quella scena violenta, col massacro di Babbo Natale in video, fa assai più danni ai bambini dei regali natalizi, incita istinti peggiori del consumismo.Avverto: a me Babbo Natale sta sulle palle; dell’albero natalizio, s’intende. Quel pagliaccio travestito, con quell’abito rosso e quella barbona ipocrita, invadente e pacchiano, lo detestavo fin da bambino. Odiavo la gara dei doni. Ho una foto con lui, a tre anni, a Bari, dove lo guardo con paura mista a sconcerto, non stregato dalla sua presenza ma indignato dal suo tentativo di estorcere foto e soldi ai miei genitori, per farmi montare su un povero ciucciariello spaesato e piazzandomi prima tra le mani un fantoccio di babbino natale. All’epoca gli asini li incontravo in campagna e mi pareva una pagliacciata fuori luogo trascinarlo in piena città. Poi non ero mica una femminuccia che dovevo spupazzarmi quel bambolotto di babbino natale. Da qui lo sguardo sconcertato: ma come si permette ‘sto grassone mascherato, con gli occhiali da sole di sera, di abbordarmi con l’asino, rifilandomi il bambolotto?Nell’adolescenza ideologica ho poi detestato la sua icona nordica, mezza russa e mezza americana, quel Santa Claus che vendeva Coca-Cola. Era la sintesi peggiore del materialismo sovietico e del materialismo americano, con l’aggravante della socialdemocrazia scandinava, data la sua origine finlandese.Poi subentrò la pregiudiziale etno-patriottica. Che ci azzecca con noi italiani, meridionali, noi marini, solari e mediterranei (anche se san Nicola è mezzo russo e mezzo barese), questo frigorifero vivente, questo pupazzone di neve che va sulla slitta in alta montagna? A Bari un Babbo Natale genuino deve indossare la muta e pescare cozze, ricci e patelle. Che ci fa ‘sto cane san Bernardo in mezzo ai barivecchiani? Ora mi rattristano quelle comitive di babbi natale che ci infligge la tv, quei raduni ludico-sindacali di panzoni disoccupati e fintogiulivi, a volte perfino donne o smunti babbinatale riempiti di ciccia finta, costretti a umiliarsi pur di tirare qualche soldo. Quei vecchi nuclei di brigate rosse che sparano pacchi ai bambini, una pena indicibile. La magia di Babbo Natale si fonda sulla sua unicità di personaggio da fiaba, esemplare eccezionale e irripetibile: se un bambino vede trenta babbi seriali, per giunta disomogenei per stazza e statura, capisce che è solo un mestiere per coglionarlo, qualcosa tra la guardia rossa e il commesso. Anche un bambino capisce che la squadra di babbi natale non viene dai sogni ma dalla Confcommercio.Insomma, detestavo Babbo Natale, ma dopo le torture che gli ha inflitto Lady Gaga e dopo la moltiplicazione spaventosa di tanti babbi natale per ragioni di disoccupazione, ho pensato che sia umano trovargli un ruolo socialmente utile. Così mi è venuta un’idea, all’apparenza perversa: e se Babbo Natale anziché portare doni, portasse via i troppi oggetti che soffocano i bambini? Se la sua missione oggi fosse inversa rispetto al passato, calarsi dai camini per sottrarre regali, dolciumi, ma anche giochini elettronici, mostri, telefonini precoci, video, vestiti griffati, inutili oggetti di cui siamo invasi? Pensate che bello se la sua gerla non servisse per distribuire doni ma per la raccolta indifferenziata e il prelievo del superfluo. I bambini, e i loro famigliari, comincerebbero ad apprezzare i doni loro sottratti, perché è nella mancanza che acquistano più valore le cose; per timore di perderli magari presterebbero più cura agli oggetti, arriverebbero a difenderli, si meriterebbero quel che ora ricevono senza sforzo e perciò senza attribuire valore. Oppure, rielaborando la perdita degli oggetti ne sublimerebbero la mancanza, scoprirebbero i frutti agrodolci del rimpianto, accetterebbero la rinuncia, magari comincerebbero a capire cos’è il sacrificio. E poi che beneficio per le case, sgomberate da troppe inutili cose; e per le persone, liberate da tante superflue dipendenze. Sarei disposto anche a votare un emendamento di Vendola che destini i doni sequestrati ai bambini del Terzo mondo… Chiamatela decrescita felice, con Serge Latouche, o dolce privazione. Certo, la campagna antidono sarebbe un danno per l’economia, punirebbe il desiderio di donare e ricevere doni; ed è brutto scontentare i bambini… Avete ragione. Ma sarebbe un Natale un tantino più umano e cristiano, con i babbi natale a ruolo invertito e benefico. Sarà un’utopia capovolta, ma intriga pensare che si chieda a un bambino: quest’anno cosa ti ha tolto Babbo Natale o cosa vorresti che si prendesse da te? Loro diventerebbero un poco migliori e Babbo Natale sarebbe proclamato santo o eroe civile. Immagino un Babbo Natale come Solgenitsin che, per ricordarsi del gulag, leccava il suo piatto, raccoglieva mollichine da terra e si diceva felice.