La città di Dresda, in Germania, celebra il settantesimo anniversario del quadruplice bombardamento alleato che rase al suolo la città a pochi mesi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Alle manifestazioni ha preso parte il presidente della Repubblica federale, Joachim Gauck, il quale in serata si è unito a una catena umana che abbraccerà l’intero centro cittadino. La ricorrenza è finita al centro di una polemica politica tra il presidente Gauck e alcuni rappresentanti del partito della sinistra radicale Die Linke. A quest’ultimi non sono piaciute le recenti dichiarazioni di Gauck, il quale nei giorni scorsi ha di nuovo spronato la Germania ad assumersi le proprie responsabilità internazionali intervenendo più attivamente nella risoluzione dei conflitti. Al centro delle celebrazioni ci sarà una funzione nella Frauenkirche, ricostruita dopo la guerra grazie a donazioni da tutto il mondo e diventata simbolo di riconciliazione con i nemici di allora. Più tardi sulle due sponde dell’Elba si formerà una catena umana e alle 22, ora della prima ondata di bombardamenti, settanta anni fa, le campane delle chiese cittadine suoneranno all’unisono. Il 12, 13 e 15 febbraio 1945 migliaia di bombardieri alleati, principalmente inglesi e statunitensi, lanciarono una quantità immane di bombe, normali e incendiarie, sulla città della Sassonia radendone al suolo l’intero centro storico e causando un numero di vittime superiore a quello di Hiroshima e Nagasaki messe insieme.
50mila vittime, molte della quali calcinate
Secondo Konrad Adenauer, che lo disse nel 1955, ci furono 250mila morti, molti dei quali scomparsi senza lasciare traccia perché completamente calcinati dagli ordigni al fosforo, e anche perché nella città, che contava seicentomila abitanti, vi erano almeno duecentomila rifugiati da altre parti della Germania. Proprio perché la si riteneva sicura in quanto non obiettivo militare. Non c’è dubbio che si trattò di uno dei tantissimi bombardamenti terroristici, come scrisse l’inviato dell’Associated Press sul posto, che gli alleati avevano iniziato a utilizzare per minare il morale dei tedeschi e degli italiani. Tanto è vero che l’unico obiettivo militare della città di Dresda, la ferrovia, non fu colpita: due giorni dopo il bombardamento infatti funzionava di nuovo. Né Dresda era mai stata colpita pesantemente in precedenza, perché gli alleati non la consideravano un obiettivo militare. L’operazione, che si chiamava Thunderclap, fu attuata recuperando piani precedenti, ma fu messa in azione dopo la conferenza di Yalta, dove sia Dresda sia Berlino erano state indicate come obiettivo. E infatti dopo entrambe furono bombardate pesantemente. Il 13 febbraio la città fu colpita in due ondate: la mattina gli inglesi e la sera gli americani, che lanciarono sulla città 1500 tonnellate di bombe esplosive e 1200 di bombe incendiarie. Il giorno successivo i B-17 americani lanciarono complessivamente altre 1500 tonnellate di bombe dei due tipi. In particolare, le bombe incendiarie, in una città con strade strette e edifici ravvicinati, spesso di legno, crearono una autentica tempesta di fuoco, che gettava letteralmente le persone dentro le fiamme. Molte migliaia di persone, ustionate dal fosforo, si gettarono nell’Elba, dove in tantissimi annegarono senza lasciare traccia. Cadaveri continuarono a essere trovati almeno sino al 1966.
Della “Firenze sull’Elba” non rimase più niente
Inestimabili i capolavori artistici scientemente distrutti dai liberatori: Dresda era soprannominata Firenze sull’Elba per la concentrazione di monumenti e di opere d’arte. Da notare che il 14 febbraio ci fu in intervallo di tre ore tra due ondate di bombardamenti, e questo per consentire ai soccorritori, le ambulanze, i medici, i volontari, i mezzi antincendio di raggiungere i luoghi colpiti e poi ribombardare di nuovo sui soccorsi e contemporaneamente sorprendere la popolazione civile fuori dai rifugi, che peraltro erano pochi e nei quali entro il gas caldo delle bombe incendiarie. Al terzo attacco l’incendio di Dresda era visibile a centinaia di chilometri di distanza. Gli ultimi due attacchi furono compiuti dalle Fortezze Volanti americane e lanciarono soprattutto bombe al fosforo. Al termine dei bombardamenti caccia alleati passarono radenti la città mitragliando tutto ciò che si muoveva. L’incendio bruciò ininterrottamente per sette giorni e sette notti. Infine, il 2 marzo, un ultimo attacco distrusse quel poco che di Dresda rimaneva in piedi. In seguito gli anglo-americani sostennero che i sovietici a Yalta avevano espressamente chiesto incursioni aeree sulle città tedesche dell’est per favorire l’avanzata dell’Armata Rossa. Ma i sovietici arrivarono a Dresda solo l’8 maggio: la distruzione della città non era servita a “liberarla” neanche un giorno prima della fine del conflitto.
dal Secolo d’Italia